A sostegno della Convenzione di Istanbul contro la violenza alle donne

30/06/2021

Turchia. Istanbul 11 maggio 2011. 45 paesi firmavano la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica. Ottantuno articoli che mettono nero su bianco, per la prima volta, che la violenza contro le donne è una violazione dei diritti umani; che la violenza di genere è strutturale e che, come tale, ha radici storiche fondate sull’ineguaglianza tra uomini e donne.

Ad oggi soltanto 34 Paesi hanno ratificato la Convenzione, accettando il vincolo giuridico che da essa ne consegue e riconoscendo che nel proprio paese domina una tradizione patriarcale, dove il ruolo delle donne è culturalmente e socialmente definito e subordinato al ruolo degli uomini.

Due anni dopo anche l'Italia ratifica la Convenzione di Istanbul.

Ma a dieci anni dalla firma, la Convenzione non solo viene messa in discussione, ma viene anche ostacolata da vari movimenti fondamentalisti radicati sia nei paesi europei che già l'hanno ratificata, ma anche in quei paesi che aspirano a farne parte.

A partire proprio dal primo firmatario. E' del 20 marzo, infatti, il decreto governativo che sancirebbe il ritiro della Turchia dalla Convenzione. Lo stesso presidente Erdoğan, il primo che dieci anni fa sottoscrisse l'atto, oggi accusa la Convenzione di essere usata da alcuni gruppi per “normalizzare l'omosessualità”.

Ziobro, primo ministro polacco, nel chiedere il ritiro della Polonia dalla Convenzione, l'ha definita “un’invenzione femminista che ambisce a giustificare l’ideologia omosessuale”. La sua intenzione ora è quella di stipulare un nuovo trattato internazionale sui “diritti della famiglia” con Bulgaria, Ungheria, Croazia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Slovenia.

Nel nostro Paese gli attacchi alla Convenzione non sono stati così diretti, ma ugualmente efficaci. Il rigurgito primitivo di una destra reazionaria e integralista che cerca di guadagnare terreno nell’autonomia conferita alle Regioni in materia socio-sanitaria è solo uno dei tanti esempi: il diritto all’aborto non è espressamente specificato nella Convenzione di Istanbul, ma esso ed altri valori espressi nella Convenzione sono nel mirino dei sostenitori della cosiddetta “famiglia naturale”.

La Convenzione di Istanbul non può e non deve essere messa in discussione, pertanto Ravenna Coraggiosa sostiene le associazioni femministe del nostro territorio e scenderà in piazza in Piazza del Popolo domani sera, giovedì 1 luglio alle 21, data che sancisce l’uscita definitiva della Turchia dalla Convenzione.

Davanti a una politica sempre più misogina e sessista, è necessario che ci impegniamo con coraggio, tutte e tutti, a rivendicare la nostra cittadinanza e autodeterminazione in difesa dei principi fondamentali di uguaglianza e di non discriminazione garantiti dalla nostra Costituzione, che celebra i valori della Convenzione, riconosciuti e radicati nella consapevolezza di ogni donna che subisce violenza di poter chiedere aiuto, di poterlo ricevere e di non essere lasciata sola nell’affrontare un futuro incerto.


Ravenna Coraggiosa
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